White Crow, letteralmente “corvo bianco”, è l’equivalente inglese del nostro “mosca bianca”. Durante il nazismo, Mosche Bianche era l’appellativo dato a quei tedeschi che a costo della vita rifiutarono le leggi razziali.
Il testo è stato messo in scena nel maggio 2009 al Theatre Royal di York, per la regia di Damian Cruden e l’interpretazione di Robert Pickavance e Sonia Petrovna. La stessa produzione andrà in scena a Parigi nel 2018.
La Trama:
Eichmann è stato da poco rapito e portato a Gerusalemme per essere processato. Lo vediamo entrare bendato in una stanza per interrogatori.
E’ ossequiente, ma anche piuttosto stupito quando scopre che ad interrogarlo c’è oggi una donna di mezza età: la dottoressa Baum.
Il loro incontro inizia nel modo più cortese possibile: lui si comporta con charme austriaco, la dottoressa con la massima cortesia. L’interrogatorio comincia lento, dettagliato. Eichmann racconta di come da piazzista è rapidamente diventato Capo del Dipartimento Ebraico.
Sostiene che il suo sogno era di risolvere la questione ebraica creando paesi totalmente ebrei… fino a quando non gli arrivò l’ordine di procedere allo sterminio; sostiene di essere sempre stato contrario alla crudeltà (anche se gli esempi che porta a sostegno di questa tesi sono assolutamente risibili).
La sua tecnica di difesa è quella di ammettere tutto ciò che ha fatto, declinando al contempo ogni responsabilità: lui riferisce solo ed esclusivamente di ordini eseguiti. La Baum ha un solo giorno per stare a contatto con Eichmann e vorrebbe che questi non venisse giustiziato, ma lasciato in vita per testimoniare quegli orrori del nazismo che quando sono raccontati dai sopravvissuti non vengono creduti.
Dopo una pausa pranzo, il colloquio riprende. La Baum cambia tecnica; vuole penetrare le difese di Eichmann, e per farlo gli rivela qualcosa di sé: ha studiato con Heidegger, si è sposata con uno scienziato politico a cui è stata tagliata la testa perché Mengele potesse esibirla alla Mostra dell’Istituto Razziale a Berlino nel 1942.
La donna tenta di far breccia nelle difese di Eichmann facendo un parallelo fra lui ed Hitler: lui chiamato ai tempi della scuola “il piccolo ebreo”, Hitler forse nato dalla relazione della madre con il ricco ebreo per cui lavorava. La Baum insinua che Eichmann abbia fatto di tutto per farsi scoprire – forse perché ha dei rimorsi e sente il bisogno di espiare?
Eichmann nega tutto. Per quanto lei lo metta sotto pressione, lui non riesce ad ammetter che – almeno per una volta – per salvare una persona a lui cara – si sarebbe potuto opporre agli ordini. Le Mosche Bianche (white crows) erano quei tedeschi che rifiutarono le leggi razziali a costo della vita: la Baum vorrebbe far ammettere ad Eichmann il desiderio di poter essere stato uno di loro, ma questo non succederà mai.
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